21 Nov Articolo 13: YouTube in allarme lancia la campagna #SaveYourInternet
L’approvazione dell’articolo 13 in UE mette a rischio il colosso dello streaming online
E’ ormai di Settembre la decisione del Parlamento Europeo di approvare quelle modifiche agli articoli 11 e 13 sul
copyright che già erano state proposte ma respinte a Luglio. Gli articoli, soprattutto il 13, così come sono stati concepiti, potrebbero mettere a rischio il futuro di Internet e di tutte le piattaforme online di sharing di contenuti soggetti a copyright.
Da qualche giorno
il post dell’amministratrice delegata di YouTube Susan Wojcicki sul blog di Google, ha reso ufficiale l’allarme della piattaforma streaming più famosa al mondo sulla questione copyright, dicendosi ben presto costretta a
bloccare milioni di video, nuovi ed esistenti, in tutta l’UE e lanciando una campagna di sensibilizzazione molto forte. Tramite l’hastag
#SaveYourInternet, YouTube esorta tutti i creatori di contenuti a diffondere il messaggio contro l’articolo 13 realizzando video e pubblicando post sui social per cercare di mobilitare le istituzioni a un cambio di rotta, ancora possibile.
Ma perché cambiare la legge sul copyright?
In Europa le direttive sul diritto d’autore sono ferme al 2001, quando Internet era ancora “gestibile” in materia di gestione e diffusione di dati personali. Da qualche anno si è manifestata la necessità di aggiornare e armonizzare le leggi dei singoli stati UE, dando ad essi basi più chiare per applicarle. E fin qui tutto ok. Ma siccome il Web è World Wide, la gestione dei dati e della loro circolazione è molto complessa e controversa e, così come è stata scritta, la normativa potrebbe limitare la libera diffusione delle informazioni online. Questo soprattutto per la vaghezza dei termini utilizzati. Vediamoli un po’ più nel dettaglio…
Articolo 11: piattaforme online vs editori
La direttiva è volta a bilanciare il rapporto fra autori e “diffusori” e il tema è annoso e controverso: da un lato gli editori accusano i social network e i motori di ricerca di usare i loro contenuti (per esempio con le anteprime degli articoli su Google o nel Newsfeed di Facebook), senza offrire in cambio nessuna forma di compenso; dall’altra le piattaforme ritengono di fare già ampiamente gli interessi degli editori, considerato che il loro traffico arriva in buona parte dalle anteprime pubblicate sui social network o nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca. Ma se le modifiche restassero invariate le piattaforme potrebbero disimpegnarsi e ciò finirebbe per danneggiare in primis i piccoli gruppi editoriali.
Articolo 13 e conseguenze
Quello che più fa paura ai colossi online come YouTube, diffusori di una quantità di contenuti spropositata e worldwide, è comunque l’articolo 13. Prevede che le piattaforme online esercitino una sorta di controllo su ciò che viene caricato dai loro utenti, in modo da escludere la pubblicazione di contenuti protetti dal diritto d’autore e sul quale gli utenti non detengono diritti. L’idea è che ogni fornitore di servizi online si metta d’accordo con le case editrici, cinematografiche e discografiche per dotarsi di una licenza che gli permetta di ospitare contenuti coperti da copyright. I critici della direttiva temono che i fornitori siano costretti a dotarsi di un sistema simile a “Content ID”, la tecnologia utilizzata da anni da YouTube proprio per evitare che siano caricati video che violano il copyright sul suo sito. Il sistema dovrebbe bloccare il caricamento evitando la diffusione di un video, un file musicale o altri contenuti, evitando la violazione.
Ovviamente tutto ciò implicherebbe direttamente anche altre piattaforme di sharing online, e non solo di video, quali Wikipedia, Facebook, Reddit, Snapchat e Instagram ed altri servizi open source.
Perché YouTube si allarma più degli altri
Come potrete già immaginare, non è possibile controllare e bloccare tutti i contenuti che vengono postati e diffusi online minuto per minuto. Figuriamoci per YouTube, che con
400 ore di video caricate ogni minuto in tutto il mondo si trova ad essere il principale imputato nella questione. Lo stesso sistema “Content ID”, benché resti il migliore e più costoso in circolazione, si è rivelato poco affidabile in alcuni casi, censurando in maniera immotivata alcuni contenuti pubblicati dagli utenti.
La legge ad ogni modo non è ancora in vigore, in quanto deve essere approvata in maniera definitiva entro la fine dell’anno, quindi c’è ancora tempo per cambiare le cose. Molti giuristi, attivisti, esponenti politici e personaggi di spicco stanno lanciando appelli contro la riforma che, a loro avviso, rappresenterebbe una grave limitazione alla libertà di diffusione delle informazioni.

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